giovedì 19 novembre 2009

E' nato Niro

Le cose migliori accadono in maniera quasi fortuita ed il caso ci offre occasioni che altrimenti ci sfuggirebbero. E' stato così che ho scoperto un mese fa The Niro.
Sul CD allegato a XL di Repubblica del mese scorso c'era un brano che volevo assolutamente ascoltare, l'esordio dei Beautiful (il nuovo gruppo di Gianni Maroccolo).
L'album è registrato dal vivo a Livorno per ricordare i 40 anni dal concerto di Woodstock. In realtà si tratta di un disco buonino ma niente più, ma fin dal primo ascolto mi colpisce una gemma inaspettata, di valore assoluto: la versione di Summertime (ricordate Janis Joplin?) eseguita da The Niro.

Stento ancora a credere alle mie orecchie, uno dei brani che preferisco in assoluto rivisitato in dimensioni nuove, magnifiche, appassionanti e appassionate.
La molla è scattata. Chi cavolo è The Niro?
Non resta che mettersi alla ricerca con l'aiuto di internet e scoprire che si tratta di un giovane musicista romano di Capannelle di nome Davide Combusti: un autentico cavallo di razza se mi passate il giochino di parole. Ha pubblicato un album, un ep e ha partecipato a varie compilation. Il nome d'arte gli resta appiccicato dalla precedente esperienza di gruppo. L'inizio è dietro i tamburi ma ben presto si dimostra abile con la chitarra ed il basso, fino a mettere in luce doti canore d'eccezione. Poi concerti a profusione in Italia e all'estero, anche come spalla di Carmen Consoli, fino al contratto discografico con la Universal.
Parte la caccia all'album, che finalmente mi procuro.
Nonostante l'edizione per una major, si tratta di una confezione un po' povera, in cartone, messa in vendita a 15 euro e 90, ma per un esordio va benissimo. Quello che conta è il disco.
E qui viene il bello: un contenuto che supera ogni aspettativa. Suonato talmente bene che non sfigura affatto vicino a produzioni internazionali più blasonate, con brani vari e dinamici che rivelano un'ispirazione davvero felice.

I testi in inglese sono intrisi di una musicalità naturale che il cantato estremamente personale rende particolarmente fascinosi. Qua e là emerge qualche lieve ingenuità compositiva, talmente lieve che non riesce mai a diventare un difetto.
The Niro ha riversato in questo primo album omonimo tutto ciò che ha assorbito negli anni: un po' come una spugna ha raccolto sensazioni, stili e armonie, ed ora ce le ripropone dopo averle filtrate attraverso la propria sensibilità. Un lavoro bello e sincero dal quale si stagliano brani di bellezza assoluta, quali "Liar", "About Love and Indifference" e "An Ordinary Man" (i link sono alla pagina ufficiale su youtube).
Colpisce poi che The Niro si sia avvalso di altri musicisti solo in alcune circostanze: dal libretto si nota infatti che è l'autore stesso a suonare chitarre, bassi, tastiere, batteria, percussioni, armonica e banjo! One-man band nen vero senso del termine!
Non ci sono mode nel suono del bravo Combusti, il suono è compatto ma raffinato, riecheggia di anni nei quali l'amplificatore a valvole riscaldava le corde elettriche, ma la freschezza della proposta non lascia spazio a nostalgie. Dopo aver presentato l'album dalle nostre parti, The Niro è andato anche all'estero ottenendo consensi in Inghilterra, Francia e Stati Uniti.
Vale la pena di ascoltare questo disco che avrei eletto a disco dell'anno se non l'avessi scoperto in ritardo (è uscito nel maggio 2008!) e soprattutto di attendere la prossima prova di The Niro che è attesa per l'inizio del 2010.


venerdì 6 novembre 2009

Tre volte Pollina


E' stato un mese intenso per un appassionato di Pippo Pollina come me. Prima il nuovo cd dal vivo, poi una tournée con orchestra ed infine una manciata di date da solo.
Ho scelto di aspettare di concludere il trittico per riunire in un'unica considerazione questi eventi, contraddistinti da un sapore agrodolce. Vediamo un po' perché...

Il 2 ottobre è uscito "Tra due isole", il suo nuovo album live (dopo "Racconti e canzoni" del 2006, "Ultimo volo" del 2007 e "Ancora insieme" (con Linard Bardill) del 2008).

Registrato a Zurigo lo scorso settembre, documenta la prima data della tournée insieme all'orchestra del Conservatorio di Zurigo, che celebra i 25 anni di carriera. Un bel regalo della città di Zurigo e un bel modo per fare festa partendo dalle due isole del titolo, che sono poi le due radici di Pippo: la Sicilia e la Svizzera. In attesa di vederlo di persona, sono deciso a godermi la performance in CD.
Nell'insieme è un gran bel disco. Le orchestrazioni sono curate dal maestro Matesic, che sembra rivelare in molte parti una forte passione per Rossini ed i suoi crescendo. Il lavoro sui brani per renderli "orchestrali" è ben fatto: il risultato non snatura le canzoni di Pippo, anzi in un paio di occasioni (Sambadiò e I ragazzi della via Paal) si notano piacevoli evoluzioni sonore che impreziosiscono i brani, donandogli addirittura nuova linfa. Ma quello che più mi colpisce è, in generale, la straordinaria universalità dei brani di Pollina, che negli anni subiscono senza colpo ferire cambi di arrangiamento e di interpretazione, eppure restano sempre gradevolissimi proprio per la loro bellezza intrinseca.
Qualche perplessità mi deriva invece dalla registrazione. Va detto che un live con orchestra è difficilissimo da realizzare: c'è sempre il rischio di impastare gli strumenti a causa della problematica gestione dei microfoni. Il CD in questione infatti rivela qualche incoerenza nei suoni (la batteria ad esempio), alla quale c'è poi da aggiungere una difficoltà ulteriore: i fiati suonati da elementi giovani sono quasi sempre poco potenti, e infatti qua e là il suono registrato appare un po' sgonfio. Probabilmente un lavoro di missaggio più attento avrebbe potuto migliorare il risultato, ma forse la voglia di pubblicare l'album a distanza di neanche un mese dalla registrazione può avere influito. Ecco, nel risultato finale traspare un po' di fretta (anche nello scrivere i titoli in copertina, dove sfugge un "quì" con l'accento...), ma si tratta di peccati veniali in un lavoro altrimenti di alto livello artistico.


Dopo due settimane di ripetuti ascolti riesco a godermi l'esperienza di vedere dal vivo Pippo ed orchestra. Saltata la prevista data di Roma, ripiego su quella di Orvieto (120 km di differenza, ma non voglio perdermi questo tour).
Il teatro Mancinelli è bellissimo, pieno di affreschi e stucchi, dal sapore antico e nobile. Il pubblico è abbastanza numeroso ma un po' anomalo per un concerto di Pollina: sono in molte le persone attratte dall'evento e dalla presenza di un'orchestra sinfonica, ma non si tratta necessariamente di fans di Pippo. Questo aspetto si nota un po' nella estrema compostezza con cui seguono il concerto (i miei ripetuti "Bravo" vengono tollerati da sguardi sorpresi).
La scaletta ripercorre quella del disco live, anche se la dinamica acustica di un'orchestra dal vivo è completamente un'altra cosa, tutto è molto più emozionante. Eppure la scelta di amplificare tutti i suoni mi disorienta un po': è innaturale vedere gli strumenti da un lato e sentire il suono dall'altro, anche se forse nei posti centrali questo effetto si minimizza.
Matesic dirige alla grande, i ragazzi non gli tolgono gli occhi di dosso e l'atmosfera generale è di divertimento collettivo. Mi piacciono i visi dei ragazzi vestiti da orchestrali, in loro c'è un misto di ingenuità, furbizia, speranza, allegria ed emozione. Una bella gioventù. Pippo scherza con loro e li mette a proprio agio, e loro ricambiano mettendogli a disposizione tutto quello che è stato il loro studio in questi anni. Un'esperimento che si dimostra riuscito, e che mi auguro possa ripetersi in futuro, che fa bene alla musica e al cuore.
I brani si susseguono, emozionando. Come nella straordinaria Marrakesh (il video è qui) o ne Il giorno del falco... da spellarsi le mani (se vi interessa qui c'è anche Signore da qui si domina la valle sempre dal concerto di Orvieto).

Mi trovo a riflettere ancora una volta su quello che è Pippo Pollina, un discorso fatto tante volte. Tra i cantautori italiani della sua generazione è ai vertici assoluti, eppure un tour importante come questo trova tante ambientazioni di provincia, ma "liscia" città come Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli e Bari. Era un'occasione d'oro per consentire di ampliare il pubblico in Italia, dove continua ad essere conosciuto solo dai soliti "beneinformati", e invece no. Oltretutto stavolta c'è stata pure una buona presenza in radio e TV (soprattutto Rai) che in precedenza raramente lo avevano ospitato. E' questo il rammarico maggiore dopo una serata fantastica come quella di Orvieto.

Ma il calendario non dà tregua. A Roma in qualche modo ci si arriva, come da proverbio. Un concerto "à la carte" da solo, con il pubblico che sceglie dal menu del suo canzoniere (135 brani).

La location è bizzarra: il Nuovo Teatro Colosseo, un ex-cinema riconvertito a sala teatrale, col palco asimmetrico rispetto agli spettatori (chi si siede sulla sinistra avrà di fronte una parete!).
E qui arriva la delusione più cocente (per me). In termini generali, valutando popolarità e valore artistico, un teatro da 200 posti a Roma ritengo sia piccolo per un concerto di Pollina... e invece alla fine i presenti saranno solo una cinquantina. Pazzesco.
Non ne ho le prove, ma credo che anche il buon Pippo (che, se sta leggendo, potrà commentare) deve aver accusato il colpo.
Potrà essere stata la copiosa pioggia caduta sulla capitale? Una comunicazione carente? Un posto sbagliato? Tutto questo insieme? Altro ancora? Fatto sta che ancora una volta Pippo si presenta a Roma in un giorno tradizionalmente moscio (il lunedì), in un locale fuori di ogni circuito e praticamente senza promozione (se non il passaparola di fans e amici). Significativo che la signora Carmen (che richiede Gracias a la vida) abbia conosciuto Pippo solo due settimane fa, quando è stato ospite del "TG3 - Linea notte".
Il concerto è bellissimo come sempre, ma un leggero velo di malinconia aleggia per tutta la serata. Sul palco Pippo si dimostra per quello che è: bravo!

Anche se è un concerto "à la carte", sceglie lui almeno la metà dei brani; sono curiose però alcune richieste, come una ragazza francese che chiede Ne pas se pencher au dehors senza conoscerla... e poi scopre che nella sua lingua c'è solo il titolo! Si tornano ad ascoltare tanti brani che ultimamente venivano suonati un po' meno (Pristina '99, Camminando, 19 luglio 1992, Amsterdam, ...), ma anche Bella ciao e Chiaramonte Gulfi. Con il pubblico si instaura un buon rapporto, anche nei momenti in cui i brani vengono presentati attraverso aneddoti personali dell'autore.
Tutto scorre via liscio per un'ora e mezza nella quale dimostra, una volta di più, di essere straordinario interprete e strumentista, al piano, alla chitarra e al tamburello (quest'ultimo nella sanguigna Tammurra e vuci). Due bis richiesti a gran voce e poi via.

Agrodolce dicevo all'inizio: e infatti la bellezza di sentire il sempre bravissimo Pippo Pollina lascia il posto anche ad un po' di amarezza. Posssibile che non sia possibile far conoscere come si deve (in Italia) questo straordinario cantautore? Non è arrivato forse il momento di ribalte più prestigiose? Chi si occupa di Pollina nel nostro Paese dovrà pensarci con attenzione in prospettiva futura.

PS: per l'ultima foto ed il video di 19 luglio 1992 ringrazio Sebastiano Gulisano, per il video di Bella Ciao/Chiaramonte Gulfi, Donnigio.