domenica 18 gennaio 2009

Il baule di Stefano


"Il baule nella prateria" è il nuovo lavoro che Stefano Jacurti dedica al mondo del West.Una raccolta di racconti, ambientati in vari momenti e luoghi diversi, tutti però inseriti nella cornice western, ovvero la storia degli Stati Uniti del XIX secolo.
Stefano è innanzi tutto attore e regista teatrale, con il quale ho personalmente condiviso uno straordinario momento artistico all'inizio degli anni '90. E' dal 1995 che ha esplicitato la propria passione per il Far West, passando da esperienze teatrali come "Golden City" fino all'ultimo lavoro cinematografico "Inferno Bianco" che lo ha fatto conoscere in tutta Italia.
Oggi questa passione si arricchisce di una terza dimensione artistica: quella letteraria.
Sabato 10 gennaio Stefano ha ufficialmente presentato il libro presso il cineclub Alphaville. Non è casuale la presentazione di un libro in un cineclub: il legame con l'immaginario cinematografico è forte e dichiarato. E' con il cinema che il cosiddetto far west è diventato patrimonio universale, ed è attraverso il cinema che intere generazioni hanno sognato, ambientando i propri giochi di bambini nelle praterie o tra i Sioux.
Il genere western si è così prestato come base per raccontare anche altro, ed è proprio questo che fa Stefano Jacurti. Nei suoi racconti si parla di uomini e donne che vivono in un'epoca in cui le scelte estreme rappresentavano la quotidianità, perchè la frontiera non è solo un riferimento geografico, ma soprattutto uno stato d'animo. Ed ecco allora le tante sfaccettature che vengono proposte utilizzando la varietà (notevole) dei racconti.
Alla serata di presentazione Stefano propone la lettura di alcuni brani ed è accompagnato dagli amici-attori Arianna Cigni e Mario Focardi. Dalla sua recitazione traspaiono l'amore e la passione per quanto ha scritto, ma soprattutto la tenacia nell'inseguire un sogno e portarlo a compimento. Lo stile narrativo di Jacurti coinvolge perché poco formale e quando avvicina situazioni classiche del genere western evita la banalità dello stereotipo.
Auguro davvero a Stefano di riuscire a far conoscere questo lavoro al di là della cerchia di amici e addetti ai lavori ed invito i miei lettori a seguirne gli ulteriori sviluppi sul blog di Stefano Wild West Civil War. Il libro è in vendita anche online sul sito dell'editore Serel International.

martedì 13 gennaio 2009

Ritorno alla Locanda


Era il 25 gennaio 2002 quando vidi per la prima volta Pippo Pollina dal vivo. Era accompagnato da un gruppo di giovani siciliani (Messina, Sutera ed Apprendi)
che non conoscevo per niente e che sarebbero rimasti diversi anni al suo fianco. Bravissimi.

Avevo deciso di andare perché molto colpito dai bellissimi album Rossocuore e Versi per la libertà e alla fine della serata avevo pensato: "Che schifo di paese l'Italia! Uno bravo come Pollina deve venire a Roma ad esibirsi in un cesso di locale come questo Locanda Atlantide".
Sette anni dopo il locale è sopravvissuto ad una forzata chiusura, indotta dalla giunta regionale di Storace qualche anno fa, ma in fondo è sempre uguale: qualche sedia sparpagliata, bagni in cui per vedere qualcosa devi lasciare la porta aperta, insomma... tanta creatività.Nel frattempo ho avuto modo di stringere una preziosa amicizia con Pippo, perdendo forse la possibilità di un'analisi davvero oggettiva del suo lavoro artistico, ma con la certezza di poterne cogliere sfaccettature altrimenti impercettibili, come capita con le persone a cui sei legato dall'affetto.

Stavolta sul palco sale insieme al "compare" di sempre, Linard Bardill, al quale dobbiamo gratitudine, per averlo sostenuto agli inizi, introducendolo nell'ambiente discografico dell'etichetta svizzera Zytglogge. Collaborano da 23 anni eppure questa è la prima tournée insieme in Italia. Esce infatti in questi giorni il loro nuovo album Caffè Caflisch che hanno registrato tra settembre ed ottobre a Zurigo.L'esibizione (nonostante l'influenza e la tosse di Pippo) fa capire come alle spalle ci sia un affiatamento consolidato sulla base di notevoli capacità vocali da parte di entrambi, ma soprattutto divertimento, stima e affetto reciproci. Sul palco Pippo e Linard siedono sugli sgabelli suonando le chitarre acustiche, illuminati da una fioca luce rossastra, che aumenta l'atmosfera "confidenziale" della serata. Di tanto in tanto Pippo passa al piano elettrico come spesso accade ai suoi concerti.

Durante i brani i due protagonisti sfoggiano un'intesa notevole, che viene confermata dai "siparietti" parlati tra le varie canzoni: l'impressione è quella di trovarsi nel salotto ad una festa tra amici, in cui due hanno imbracciato la chitarra tra una risata e l'altra. 

Molti brani sono stati presentati già nell'album dell'anno scorso (Di nuovo insieme), ci sono poi alcuni classici della loro produzione solista (come Il giorno del falco e Tamangur) arricchiti da qualche estratto dall'album in uscita.
E' un vero e proprio esperimento di osmosi musicale tra i due, che diventa anche mescolanza di culture, lingue e dialetti come difficilmente capita di vedere anche tra i cosiddetti artisti di "world music". Quello che propongono Pollina e Bardill è un crogiuolo di emozioni che passano senza scosse dai boschi dell'Engadina, ai caffè di Palermo, dal Cile di Victor Jara ai songwiters americani, utilizzando la lingua più opportuna per trasmetterle: che si tratti dell'italiano, del tedesco, del romancio, dello spagnolo, del siciliano o dell'inglese poco importa. Così come importa poco il singolo brano in un concerto come questo: eppure sento di dover rammentare, tra tutte le canzoni suonate, l'emozionante versione di Siamo angeli.
Al termine si esce con un'unica, grande, forte sensazione di pienezza. I due signori sul palco hanno centrato l'obiettivo di portare in scena una performance deliziosa dal punto di vista artistico e sarebbe un peccato dover attendere altri 23 anni per rivederli insieme dalle nostre parti.

PS: Le foto della serata sono qui.