lunedì 13 aprile 2009

Sorie di fate, cavalieri, film e architetti


La commistione di stili è alla base delle ricerche artistiche che fin qui ho condiviso con voi. 
In ambito architettonico una possibile simmetria la trovo nel quartiere romano di Coppedè, che sono tornato a visitare nel giorno di Pasqua.
Gino Coppedè (1866-1927) era un architetto fiorentino che tra il 1913 ed il 1921 disegnò e diresse personalmente la realizzazione di 17 ville e 26 palazzine in un'area che adesso è stata fagocitata dal quartiere Trieste.
Coppedè era indubbiamente un sognatore, uno di quegli artisti che prendono spunto dalle realizzazioni più diverse, ma poi le rielaborano in maniera unica. Nei villini del quartiere che porta il suo nome, troviamo riferimenti simil-medievali con affreschi e stemmi araldici, lampioni in ferro battuto, sculture ed arcate che rimandano ad edifici assiro-babilonesi, giardini liberty e decorazioni art-deco. Un rischio formidabile di realizzare un'accozzaglia pacchiana, che invece resta un caso unico nell'architettura italiana del XX secolo.
L'ingresso ideale al quartiere è da via Tagliamento dove una poderosa arcata (che avrebbe bisogno di ripulitura) immette direttamente nel fulcro dell'opera di Coppedè: piazza Mincio che al centro presenta la bella fontana delle Rane, aggiunta nel'24 e disegnata dallo stesso architetto.
Colpisce immediatamente il Villino delle Fate che assomma un numero impressionante di rimandi immaginifici al Medioevo, ma in realtà contiene un'idea di base più vicina alla letteratura fantasy che alla storia vera e propria. Di sera si può anche vedere l'illuminazione appositamente disegnata da Francesca Storaro pochi anni fa, che fornisce un ulteriore tocco di magia grazie ai colori irreali.
Ecco, l'irrealtà e la fantasia sono la base di questa architettura. Prendiamo la Palazzina del Ragno: il mascherone scolpito è un rimando diretto ad edifici assiri e lo stesso dicasi per le arcate, però qui tutto è asimmetrico, passato attraverso le lenti deformanti dell'immaginazione e non sorprende affatto, in tale contesto,  il ragno art-nouveau al centro della facciata. 
Devono averlo colto molto bene anche i registi Dario Argento (che vi ha girato "L'uccello dalle piume di cristallo" del 1970 ed "Inferno"del 1980) e Richard Donner ("The Omen" del 1976).
Ma il rapporto col cinema è avvenuto anche in senso contrario: il civico 2 di piazza Mincio è un caso unico di palazzo ricavato da una scenografia. Coppedè ha infatti costruito nella realtà uno dei fondali di "Cabiria" diretto da Giovanni Pastrone nel 1914.
Il quartiere resta una storia a parte nella produzione dell'architetto fiorentino, le cui altre realizzazioni (Torino, Genova, Messina, ecc.) meriterebbero comunque di essere apprezzate ulteriormente, effettuando un'opera di riscoperta di una delle menti creative più interessanti nell'architettura del secolo scorso, ingiustamente relegato per anni al ruolo di portabandiera del kitsch.