mercoledì 10 novembre 2010

Il sostenibile peso dell'oscurità


Fino a qualche settimana fa non sospettavo neanche dell'esistenza di Ólafur Arnalds. Poi all'improvviso mi imbatto nel video "Hægt, kemur ljósið" (Lentamente, la luce viene) su YouTube e scopro che di lì a poco sarà in concerto a Roma. Parte la caccia in rete alla scoperta dell'artista islandese e scopro che mi piace da matti.
Ólafur Arnalds nasce come batterista in un gruppo metal, genere con grandi tradizioni nei paesi scandinavi, ma dal 2003 è un pianista che pubblica album a proprio nome e che suona avvolto da un'aura di malcelato mistero. Il mistero è in parte dovuto ai titoli in islandese dei propri brani, alle atmosfere un po' oniriche e alla poca abitudine a mostrarsi in foto o in video.
Insieme a qualche amico coraggioso decido di scoprire la dimensione live del nostro amico che si presenta insieme ad un quartetto d'archi al Circolo degli Artisti (ingresso a offerta!).

Apre la serata il gruppo rock alternativo-sperimentale dei Kruk: un trio di giovanissimi romani che si cimenta con brani propri di talvolta anche interessanti, ma con qualche problemino di accordatura degli strumenti che li penalizza immeritatamente.
Finalmente arriva sul palco Ólafur accompagnato dalle 4 ragazze che compongono il quartetto di impostazione classica (2 violini, viola e violoncello). Il lungo ed esile pianista ci introduce timidamente nel suo mondo musicale fatto di strutture minimali e ripetitive con dinamiche dilatate nelle quali si alternano crescendo/diminuendo. Nel secondo brano (mi scuso ma non sono riuscito ad imparare nessun titolo in islandese) entra in scena anche un musicista dedito alla gestione di campionamenti ed effetti. La progressione dei brani lascia sempre più spazio alla interazione piano / elettronica, accompagnandosi con una serie di disegni animati in bianco e nero proiettati sullo sfondo, nei quali ricorrono immagini di uccelli stilizzati e alberi scheletrici. La scena è allestita con gusto minimale lasciando disseminate a terra lampade ad incandescenza che contribuiscono ad un clima più intimo e fiabesco.
Ólafur è bravo e il pubblico numeroso applaude convinto, tra un brano e l'altro. Pian piano si scioglie anche la naturale timidezza del compositore islandese che si sorprende per la compostezza poco italiana e si instaurano anche brevi scambi di battute con il pubblico ("Are you the kind of audience that screams for every thing I say? ... and if I say Berlusconi?").

L'ora abbondante di concerto vive un momento di particolare intensità durante il brano "3055" (questo l'ho capito...) tratto dall'album d'esordio "Euology for Evolution", nel quale si sviluppa un intenso crescendo d'archi ipnotico e affascinante. Bellissimo.
Personalmente mi sembra di cogliere in Arnalds molti riferimenti musicali ed artistici: partendo da una sensibilità estetica alla 4AD, fino a maestri come Pärt e Nyman, fino a recenti esperienze come Whitetree e Autechre. Eppure, nonostante i suoi 23 anni, Ólafur ha personalità forte abbastanza da distinguersi da ogni riferimento e creare un proprio universo musicale, che potrebbe portarlo davvero lontano.
Al termine del concerto riesce a concedere soltanto un bis al piano, prima di partire col bus a due livelli per Budapest, dove suonerà la sera seguente.
Un concerto che mi è piaciuto moltissimo e che mi spinge ad acquistare una copia dell'ultimo album "... and They Have Escaped the Weight of Darkness", ma che evidentemente è piaciuto anche al nostro Ólafur, visto che il giorno dopo scrive su facebook: "Thank you Rome! Most pleasant surprise of the tour so far! Did no expect to play for a packed Circolo degli Artisti of amazing people!"


Grazie a Donnigio per le foto del concerto