sabato 30 luglio 2011

L'anima del rock

Capita a volte di assistere ad un concerto ed avere una determinata sensazione, positiva o negativa, senza riuscire a mettere a fuoco a che cosa sia dovuta.
Stavolta invece mi era tutto chiaro. Fin dall’inizio.
Nella consueta cornice estiva della cavea dell’Auditorium (“Luglio suona bene”), Lou Reed si è presentato a Roma per l’ultima tappa italiana della tournée, intitolata significativamente “Power Rock Tour 2011". Il timore, tipico di questi casi, era quello di assistere alla tarda esibizione di una cariatide del rock: uno che ha iniziato con i Velvet Underground dell’epoca di Nico e di Andy Warhol (quarantaquattro anni fa!!), al centro di una scena newyorkese di cui oggi esiste ormai solo il ricordo.
La carriera del nostro si è poi dipanata come solista a partire dal 1972, tra alti memorabili e bassi sconfortanti (vedi "Metal Machine Music").
Passate le 21 e 30, il sole tramonta fra nuvoloni neri che minacciano pioggia. Lo spettacolo può avere inizio. Nel buio una torcia elettrica fa strada fino al centro del palco, dove Lou Reed viene aiutato ad imbracciare la fedele chitarra elettrica: “Who Loves the Sun”.
Ed ecco che parte un suono impressionante per dinamica, ritmo, tecnica e passione: è il rock, cazzarola, quello vero! Mi ripeto: assistere ad una performance del genere è impressionante, perché ormai i palchi sono pieni di finti rocker, replicanti che si atteggiano in acconciature di tendenza e pose legate all’immaginario del genere. Lou invece è rock, punto e basta. Anche se il fisico non è più quello di una volta, ha un’anima potente che si manifesta anche quando biascica nel microfono al limite della stonatura e strapazza le sei corde. E allora avanti con “All through the Night” e “Smalltown”. Quando è il momento di "Ecstasy" Lou Reed coglie l'occasione per dedicare il concerto ad Amy Winehouse, scomparsa due giorni prima.
E' una figura granitica quella del leader in mezzo al palco, che si rivolge alla band con continui cenni, per far capire che non si fa per finta, che la band non è fatta di turnisti fantoccio e che il leader vuole il massimo da ognuno di loro mentre li guarda, li guida, li riprende…
Il vecchio Tony "Thunder" Smith alla batteria è il perno che consente l'inserimento del resto della band che comprende le chitarre di Tony Diodore e Aram Bajaklan, il basso di Rob Wasserman, le tastiere di Kevin Hearn, i sassofoni di Ulrich Kreiger ed i gingilli elettronici pilotati da Sarth Calhoun.
Il concerto prosegue esprimendo memorabili versioni di "Mother", "Venus in Furs" (wow!!) e "Sunday Morning".
Quando dopo un'ora e mezza si chiude con "Sweet Jane" (wow-wow!!!!) sembra sia dura farli ritornare sul palco, ma alla fine i lenti passi di Lou lo riportano davanti ad un pubblico entusiasta per un bis di tre brani che culmina in una magica "Pale Blue Eyes".
La sensazione finale è che esistono cose che non si imparano ed il rock è una di queste. Il rock è tutt'uno con la vita e non una moda: Lou Reed ed un'intera generazione sono ancora qui a dimostrarlo e a ricordarcelo. Grazie Lou.

mercoledì 6 luglio 2011

Scelsi... e conseguenze

Confesso. Sono un appassionato, estimatore, conoscitore e collezionista della galassia Franco Battiato, al limite della maniacalità. Ho iniziato circa 30 anni fa ad approfondire l'arte del musicista siciliano e da allora l'ho seguito anche in momenti non brillantissimi (la moscissima trilogia di "Fleur").
Spesso le strade che Battiato percorre risultano assai tortuose, come dimostra il suo cinema e la sue composizioni di musica classica. Altre volte invece sorprende per la propria "semplice profondità", come nelle canzoni pop e nelle sue opere pittoriche (per le quali si avvale dello pseudonimo Süphan Barzani).
C'è poi la nicchia che conosco (e capisco) meno: il Battiato sperimentale, quello degli anni settanta contaminato da dodecafonia e rumorismo. Però ultimamente sto cercando di approfondire maggiormente proprio questo aspetto e mi sono fatto invogliare dall'occasione della serata intitolata Pranam, dedicata alla musica di Gurdijeff e Scelsi, nella quale Franco Battiato ha presentato in prima assoluta la composizione "scelsi Scelsi".
L'ambientazione è la sala Petrassi nell'Auditorium di Roma ed il titolo della serata è "Pranam. Scelsi e Gurdjieff, la leggenda di due uomini straordinari". Inizia un duo composto da Anja Lechner (violoncello) e Vassilis Tsabropoulos (piano) che esegue musiche del maestro-mistico armeno. I brani scorrono piacevolmente, accompagnati in un caso anche da filmati in cui si riconosce Gurdjieff in una Francia anni '20. La tecnica dei due musicisti è impressionante e devo dire che la violoncellista tedesca ha un approccio allo strumento con tanta personalità da farmi venire voglia di andare a cercare altri suoi lavori: ne riparleremo.
Poi segue l'esecuzione della Suite n.9 "Ttai" di Giacinto Scelsi. Tre quarti d'ora nei quali mi sento come Alberto Sordi alla Biennale di Venezia nel film "Dove vai in vacanza?". Ma anche le persone accanto a me dopo una ventina di minuti di note al piano (apparentemente) sconnesse e casuali, mostrano segni di cedimento. Il maestro Carlo Guaitoli (da anni collaboratore di Battiato) sembra una marionetta che muove gli arti percorsi da spasmi aritmici. Ma questo è evidentemente dovuto alla mia ignoranza, visto che qualcuno riesce a capire anche quali sono le note finali ed esplode in un applauso convinto.
Poi tornano brevemente Lechner e Tsabropoulos, seguiti da una registrazione audio nella quale si ascolta una dichiarazione di Gurdjieff in francese sul senso del fare musica.
L'ultima parte è quella che più mi ha inquietato: Franco Battiato accompagnato al computer dal fido Pino Pischetola (Pinaxa per gli amici) suona una serie di effetti elettronici (chiamati "Scélsi Scèlsi") che hanno lo stesso appeal della suite appena ascoltata, ma il pregio di durare dieci minuti scarsi. Il mio amico Cesare ha commentato: "Sembrano due ragazzini che giocano con la PlayStation". 
Giocano? Forse è uno scherzo? Qual'è il confine tra una seria ricerca di musica d'avanguardia ed il giocare ad intellettualizzare?
Sempre pronto ad ammettere la mia ignoranza, ma stavolta ho sentito puzza di bruciato caro Maestro Battiato...