venerdì 25 maggio 2012

Finzione... Finzione...

Ci sono storie che hanno a che fare con un non-meglio-specificato senso di appartenenza.
Il nuovo film di Ferzan Özpetek "Magnifica Presenza" rientra a pieno titolo in questa categoria. Almeno per chi come me trova talmente familiari i luoghi ed i temi della pellicola da sentirsi completamente a proprio agio.
Non sto qui a raccontare la trama del film, ad ogni modo, sia detto per chiarezza, la storia racconta le vicende di Pietro (Elio Germano), pasticcere e aspirante attore, che va ad abitare in una casa che ospita i fantasmi della Compagnia teatrale Apollonio.
Ambientato nella mia Monteverde, il film è in realtà un'astrazione che prescinde tempi e luoghi, esattamente come dovrebbe essere una storia di fantasmi che si rispetti. Il tono riesce a variare più volte all'interno della narrazione filmica, per cui ci si trova ad oscillare fra i ritmi tipici della commedia (l'arrivo del protagonista nell'appartamento) ed i momenti di suspense (la rivelazione delle presenze spiritiche), garantendo una gradevolezza narrativa non comune.
Paola Minaccioni ed Elio Germano
Trovo particolarmente felice la mano del regista nel dirigere un protagonista straordinario, affiancato dalle ottime prove di Paola Minaccioni (la cugina Maria), Giuseppe Fiorello, Margherita Buy e Vittoria Puccini.
Ma sono soprattutto gli argomenti che sottendono alla trama principale ad esercitare un fascino speciale. 
Il teatro su tutti, che non si risolve solo nella funzione di spettacolo, ma che è al tempo stesso vita: bellissime, ad esempio, le scene del casting e della preparazione di Germano da parte dei fantasmi. Ma il teatro è anche libertà ed i riferimenti al passato (l'occupazione del 1945) fanno scaturire il tema del rapporto tra finzione e follia nell'ultima metà del film.
Altro argomento forte è quello dell'omosessualità (è un film di Özpetek o no?), che si arricchisce di spunti sognanti (il fantasma poeta), violenti (il pestaggio) ed irreali (la scena un po' troppo criptica del laboratorio).
Ci sono poi i temi storico-politici (il Risorgimento e la Resistenza) che vengono trattati con un tono che alterna leggerezza e nostalgia, ma anche una sottile critica all'Italia di oggi che si manifesta attraverso le domande della Compagnia che prova a capire come funziona il nostro Paese.
Non ultimo il tema della psichiatria che interpreta anche ciò che non capisce. "La menzogna alle volte può essere convincente, la realtà lo è molto di più".
Ferzan Özpetek mentre dirige Elio Germano sul set
Qua e là mi sembra di cogliere un'altra "presenza":  sotto innumerevoli aspetti possiamo intravedere un riferimento, forse involontario, a Nanni Moretti. Di Monteverde (quartiere storicamente morettiano) ho già detto, ma non manca anche l'ambientazione in pasticceria (la mia Pasticceria Andreotti, che ho illuminato sei anni fa), per non parlare del casting effettuato da Daniele Luchetti e dell'utilizzo del ballo come comunicazione "ulteriore" fra i personaggi. A completare tale vicinanza con Moretti: le comparse dei cardinali a Cinecittà sono quelle di "Habemus papam"!!!
E' bello anche ritrovare la partecipazione di Anna Proclemer, in un ruolo davvero intenso e centrato. Anche questo recupero di grandi attori di un recente passato, come fu per Massimo Girotti in precedenza, sta diventando una cifra stilistica del regista di origine turca.
Il finale del film credo che sia particolarmente bello, come nella migliore tradizione dell'Özpetek di "Cuore sacro" e "La finestra di fronte". Assistiamo infatti ad una vera e propria liberazione che partendo dal mio quartiere, si sposta sul mio tram (l'8 che arriva a Largo Argentina) ed arriva al mio Teatro Valle (oggi significativamente "occupato").
C'è da dire che la critica ha un po' bistrattato il film (ad esempio Natalia Aspesi su Repubblica), invece l'ho trovato bilanciato, scorrevole, ben recitato, ottimamente diretto, ... in una parola? Magnifico.
La "mia" casa in via Cavalcanti