martedì 16 dicembre 2008

On the Road



Accennavo nel post precedente di aver già sperimentato di persona molti aspetti che fiancheggiano l'universo artistico. Ricordo di aver provato l'ebbrezza dell'applauso sulle scene, del dietro le quinte come light designer e sceneggiatore, del comporre canzoni e poesie, del fotografare e disegnare.
L'esperienza del "roadie" però mi mancava.
Qualcuno potrebbe non sapere di che si tratta, o magari confondere con le "groupies": meglio chiarire allora che gli spettacoli itineranti e le tournée fanno affidamento anche sul lavoro di persone (i roadies) che trasportano artisti e strumenti, e che normalmente condividono con loro le emozioni del montare la scena e tutto quanto concerne gli aspetti tecnici.
Bene, da ieri ho anche questa esperienza nel curriculum.
Il mio fratellino Luigi Mariano è stato invitato a suonare all'Auditorium Stensen di Firenze per la presentazione della MAG Firenze. Per l'occasione ha potuto contare sull'aiuto di un altro amico fraterno, il bassista Donnigio, col quale ha condiviso l'esperienza della Banda Tom Joad. Avendo poi l'appoggio di un basista fiorentino (il fenomenale "presidente" Flavio Fenici, che ha creato il contatto e che ci ospita a casa sua) ci mettiamo in macchina: in tarda mattinata (per me), o meglio all'alba (per Luigi).
Il viaggio per Firenze è proprio come lo intendo io: una lunga condivisione di pensieri, sensazioni, ricordi e progetti. E in questo ritrovo la metafora della mia aspirazione di vita. Posso solo gioire per essere capace di provare tutto questo.
Mi torna alla mente un film del 1980, "Roadie - Le strade del rock" con Meat Loaf. Sorrido nel paragonarmi al pingue cantante americano, ma confesso di invidiarlo un po' quando tra gli strumenti da scaricare arrivano quelli più pesanti.
Una volta dentro al teatro devo dire che il ruolo di roadie non comporta molte responsabilità, ho quindi più tempo e testa per godermi quanto accade.
In realtà l'organizzazione non ci fila di pezza e, dopo aver dato fondo alle mie reminiscenze di cablaggio amplificatori, non riusciamo a fare la benchè minima prova. O meglio: ogni volta che accendiamo il finale dell'amplificazione "facciamo saltare" una presa. Ma sembra non interessare nessuno. Insomma dalle 15.30 alle 21, quando finisce la conferenza, l'allegra brigata di Luigi Mariano costituisce un'esotica suppellettile dell'auditorium.
Purtroppo riguardo al concerto di Luigi non un cenno sui manifesti, nessun richiamo durante la conferenza, niente. Il risultato è facilmente immaginabile: quando alle 21.30 riusciamo a superare anche l'ultimo ostacolo tecnico e a far iniziare il concerto, la stragrande maggioranza delle persone è andata via: sono però rimasti gli amici ed estimatori, alcuni dei quali sono arrivati persino da La Spezia e Prato.
Il set è stato pensato per una durata più lunga del solito e ruota attorno al tema del "disagio" nelle sue varie forme, spesso con venature ironiche. Oltre alle composizioni di Luigi, il duo esegue anche brani del repertorio di Gaber e di Springsteen. Questi ultimi in particolare rivelano la straordinaria attitudine di Mariano in veste di traduttore, che invito tutti ad approfondire. E' un bel sentire. Qua e là affiorano problemi acustici e di proporzione tra gli strumenti, ma senza aver potuto effettuare il soundcheck in realtà si sfiora il miracolo.
Il pubblico applaude, gradisce. E' emozionante per me vedere che alcuni sanno i testi a memoria, sia che si tratti di Gaber che di Mariano. Eppure dentro di me non riesco a nascondere il fastidio nel calcolare che in sala sia rimasto un decimo degli spettatori della conferenza: a volte chi è troppo impegnato a salvare il mondo non si accorge di chi ha vicino a sé...
Per un'ora e mezza sul palco sfilano emozioni, Luigi e Donnigio le hanno messe insieme e condivise. C'è anche tanta qualità nella proposta e mi auguro che possa attirare presto l'attenzione di altri spettatori e, perché no, degli addetti ai lavori.
Luigi Mariano è un talento gentile. Il suo garbo forse fa fatica ad imporsi in mezzo agli squali dell'ambiente musicale, ma resto convinto che abbia tutte le carte per imporsi.
Durante l'esibizione sono in permesso come roadie e mi divido nel duplice ruolo di assistente video per le riprese e fotoreporter (qui le foto), ma al termine lascio tutto e torno al mio compito principale collaborando a smontare l'amplificazione, che tornerà all'amica Mirella che ce l'ha prestata con una disponibilità straordinaria.
Si torna a casa di Flavio dove è bello restare fino a tardi in cucina a parlare di tante cose condividendo sensazioni e relazioni, sgranocchiando biscotti e bevendo té: uno di quei "golfi mistici" che tanto mi piacciono.
Il giorno la macchina è di nuovo carica di strumenti. L'autostrada verso Roma ci consente ancora qualche ora di parole sotto il diluvio. La sensazione è quella di aver vissuto un qualcosa di bello, difficilmente spiegabile a parole.
Torno a casa, indubbiamente più ricco.

domenica 30 novembre 2008

L'attracco





Per anni ho considerato fondamentale la dimensione del gruppo, per esprimere la mia dimensione artistica. Io non mi sono mai visto come solista, neanche nella vita o nel lavoro.
Ritengo essenziale la rete di amicizie e condivisioni che nasce tra persone affini. La relazione in sé la vivo come l'esperienza massima a cui ambire.
Probabilmente è per questo motivo che ho provato a fare esperienze artistiche in prima persona, ma sempre con amici e persone con cui mi sono trovato a condividere un tratto del percorso. E' stato così per le varie esperienze recitative, musicali e figurative che ho fatto finora. 
Da qualche anno mi frulla nella testa una "cosa", che scaturisce dal pensare ad una evoluzione di tali esperienze. La vita di chi ha superato i fatidici quaranta è spesso in conflitto con i modi ed i tempi con cui si fanno certe cose da ragazzi. Il tempo in particolare scarseggia oppure ti consente minore costanza. Mi piacerebbe però immaginare un luogo senza spazio e senza tempo dove per varie ragioni le persone affini si incontrino e diano vita a progetti artistici che divengono realizzabili grazie alle forze disponibili in quel momento. Mi viene in mente la baia di un'isola dove equipaggi in transito si incontrano più o meno casualmente, godono della reciproca conoscenza e ripartono senza ulteriori certezze di rivedersi. Lo definirei un "golfo mistico", unendo l'immagine appena descritta, con il nome che caratterizza la buca dell'orchestra ed il nome del gruppo musicale (di cui ho fatto parte) che è alla base di questa idea.
Vedremo in futuro cosa sarà di tutto ciò, per il momento mi limiterò ad usare tutti i miei strumenti per favorirlo, incluso questo blog.
Qui troverete soprattutto le mie riflessioni relative alle varie forme artistiche, ma anche informazioni e notizie legate ad amici e compagni di viaggio.
Ok, si parte.