Stavolta una precisazione è assolutamente necessaria. Nel campo della danza sono un "absolute beginner" (come direbbe Bowie) e questa non ha la minima pretesa di essere una recensione: ciò che scriverò di seguito è solo frutto di sensazioni personali delle quali mi piacerebbe rendere partecipi i miei (pochi) lettori, e che probabilmente mostrano una fragilità evidente agli occhi di chi ne sa di più.
Ciò nonostante...
Ciò nonostante...
Dal 30 novembre al 5 dicembre, al teatro Vascello di Roma, è andato in scena "Pulcinella, opera per danza e maschera" di Aurelio Gatti, con la compagnia di danza MDA, attiva stabilmente dagli anni settanta, sempre sotto la guida del maestro Gatti.
"Pulcinella" (la cui prima messa in scena risale a circa 10 anni fa) è un lavoro incentrato sulla figura di un uomo che, all'interno di un magazzino pieno di scatoloni abbandonati, viene a contatto con quattro figure di Pulcinella tra loro complementari, ed un'inquietante bambola meccanica. L'uomo farà quindi esperienza delle sfaccettature dei Pulcinella, in una sorta di viaggio che rimanda a temi assoluti di vita e di morte, alla ricerca del significato delle cose e in primis del tempo. Nel finale l'uomo troverà risposta divenendo anche lui simile a Pulcinella.
La scenografia è costruita attorno agli scatoloni che inizialmente contengono i personaggi, ma che poi si trasformano in tanti modi, persino in nave o in tribunale!
I movimenti dei sei personaggi sono per lo più corali: gli spazi individuali sono raramente solistici. Ne risulta quindi uno spazio scenico sempre dinamico, in ogni angolo del palco. E indubbiamente la conformazione del teatro aiuta a vedere bene questi movimenti, grazie al boccascena all'altezza della prima fila. Mi colpisce poi come ogni movimento dei singoli sia collegato e sincronizzato in un'azione collettiva, dove lo stile rimanda frequentemente ai gesti tipici del mimo.
Da sottolineare la bellezza delle musiche (opera di Marco Schiavoni) che riescono a fondere atmosfere partenopee e rimandi etnici. Il tema principale della colonna sonora è di quelli che ti trovi in testa ancora a distanza di giorni e si lega bene al campionamento della voce del Pulcinella del Gianicolo, con la quale sono cresciute generazioni di romani (come me).
I movimenti dei sei personaggi sono per lo più corali: gli spazi individuali sono raramente solistici. Ne risulta quindi uno spazio scenico sempre dinamico, in ogni angolo del palco. E indubbiamente la conformazione del teatro aiuta a vedere bene questi movimenti, grazie al boccascena all'altezza della prima fila. Mi colpisce poi come ogni movimento dei singoli sia collegato e sincronizzato in un'azione collettiva, dove lo stile rimanda frequentemente ai gesti tipici del mimo.
Da sottolineare la bellezza delle musiche (opera di Marco Schiavoni) che riescono a fondere atmosfere partenopee e rimandi etnici. Il tema principale della colonna sonora è di quelli che ti trovi in testa ancora a distanza di giorni e si lega bene al campionamento della voce del Pulcinella del Gianicolo, con la quale sono cresciute generazioni di romani (come me).
Le identità dei danzatori-Pulcinella sono completamente nascoste dalle maschere e dai costumi ed è bello scoprire solo nel saluto finale che si tratta di donne di varie età ed esperienza, ma tutte ugualmente brave: Gianna Beduschi, Gioia Guida, Marica Zannettino e Carlotta Bruni. Molto brava anche Luna Marongiu nel ruolo della bambola, che a dispetto della meccanicità dei gesti riesce bene ad esprimere la drammaticità e la cupezza del personaggio. E poi Aurelio Gatti...: pur essendo il danzatore che si muove meno, è indubbiamente il motore dell'intero lavoro. La sua è una presenza magnetica che amalgama, gestisce e comunica.