Gli inglesi hanno sicuramente molte pagine di storia per le quali chiedere scusa al mondo: basterebbe citare tra i tanti Margaret Thatcher e i Teletubbies. Hanno però altrettanti validi motivi per tenere alta l'attenzione sulle proprie tradizioni. Devono aver pensato a questo i Bellowhead nel dar vita al loro progetto musicale. Sarebbe fuorviante però pensare al gruppo in questione come ad una band di nostalgici giovanotti alla riscoperta delle radici del folk inglese. Grazie ad un intrico di citazioni e contaminazioni varie (dai Pogues a Milton Nascimento), la miscela assume personalità e gusto del tutto unici.
Gli undici componenti provengono da differenti esperienze, ma grazie alla regia del duo John Spiers e Jon Boden che nel 2004 i Bellowhead muovono i primi passi. Il duo ha anche un'attività parallela a proprio nome che ad oggi ha già prodotto 5 dischi.
L'anno seguente vincono il premio BBC Folk Award come miglior band e pubblicano l'ep "E.P.onymous", a cui fa seguito nel 2006 l'incredibile album d'esordio "Burlesque".
Gran parte dei brani sono canzoni della tradizione britannica dell'800, ma l'operazione non potrebbe essere più fresca e vitale, cancellando ogni possibile patina di formalismo da musicologo e innervando gli arrangiamenti con soluzioni estrose e coinvolgenti.
I Bellowhead iniziano un'intensa attività live che li porta in tutta la Gran Bretagna con puntate in Olanda e soprattutto in Canada. L'album viene acclamato ovunque e la popolarità inizia a crescere fino al culmine della tournée con un concerto allo Shepherd's Bush Empire, che diviene successivamente un bellissimo dvd. La scelta di esibirsi per lo più in piccoli teatri, si abbina magnificamente all'atmosfera (evocata già nel titolo dell'album) tipica del teatro burlesque vittoriano.
Nel 2008 esce il nuovo album "Matachin" che prosegue sulla stessa strada, ma riporta negli arrangiamenti ulteriori venature di stampo gitano e balcanico, con echi di esperienze già intuite dall'indimenticabile Penguin Café Orchestra.
Anche qui i consensi non mancano, merito anche della giocosità diffusa nelle tracce dell'album. Si divertono, i Bellowhead, e si sente. Il serio musicologo oxfordiano dà il meglio di sé dopo qualche pinta o, meglio, qualche bicchierino (Whiskey is the Life of Man). Persino lo strumentale Trip to Bucharest (unico brano non tradizionale) riesce a tramettere l'ironia di un viaggio disastroso ed un concerto annullato. Ad ogni ascolto l'album sembra migliorare e credo di averlo davvero consumato in quest'ultimo mese.
Sono ormai padroni della scena e generosi intrattenitori in concerti appassionanti: la BBC4 gli affida addirittura uno special natalizio nello scorso dicembre (rintracciabile come torrent negli archivi dimeadozen.org) con tutti i musicisti e gli spettatori che sembrano usciti da un racconto di Dickens.
A questo punto siamo davanti ad una delle migliori formazioni inglesi degli ultimi anni: con un undici così, l'Inghilterra potrebbe anche vincere i mondiali.