Lo devono aver pensato in tanti l'altra sera, perché il Teatro Eliseo è stracolmo. Un pienone quasi inaspettato per un lavoro di cui non si sta parlando molto sui giornali. Eppure...
"Il dio della carneficina" è una commedia scritta dalla francese Yasmina Reza (genitori ebrei di origine iraniana e ungherese) che ha già avuto edizioni in molte lingue, tra le quali quella in inglese (God of Carnage) tradotta da Christopher Hampton (il regista dell'indimenticabile "Carrington").
I personaggi nelle varie edizioni hanno goduto dell'interpretazione di grandi attori quali Ralph Fiennes (Inghilterra), Jeff Daniels e James Gandolfini (USA), Isabelle Huppert (Francia)....
Tra i vari riconoscimenti ricevuti il Laurence Olivier Award ed il Tony Award, entrambi nel 2009. Mica uno scherzo.
La vicenda narra di due coppie che si incontrano a seguito di una lite tra i rispettivi figli undicenni. Provano inizialmente a trovare un chiarimento civile, ma la vera natura dei singoli non tarda a venire alla luce, fino ad arrivare a mettere in discussione ogni aspetto delle proprie esistenze.
La versione italiana (tradotta da Alessandra Serra) parte già con il piede giusto nel momento in cui si sceglie a dirigere Roberto Andò, uno dei più francesi tra i nostri registi. Ma quella che mi sembra particolarmente centrata è la scelta dei quattro attori: da un lato la coppia borghese-progressista formata da Silvio Orlando e Anna Bonaiuto, che appare mossa da intenti di giustizia e convivenza civile, mentre a fare da contraltare sono i più giovani e superficiali Alessio Boni e Michela Cescon.
I dialoghi sono serrati e ben costruiti, e i quattro sono bravissimi nel costruire l'identità dei propri personaggi dosando sguardi e pause, senza mai cadere nel rischio di un eccesso di caratterizzazione. Se ormai Orlando e la Bonaiuto sono veri e propri mostri sacri della scena e siamo abituati (per così dire) a prove magistrali, la coppia Boni-Cescon invece mi ha sorpreso per maturità e sensibilità:
la Cescon (della quale ricordo un magnifico Cuore sacro di Ozpetek al cinema) riesce a tradurre benissimo il disagio latente di una donna non intelligentissima, mentre Alessio Boni sa fondere alla perfezione l'arroganza dell'uomo di successo (senza scrupoli, come la casa farmaceutica per cui lavora) alla capacità tutta maschile di fare fronte comune per difendersi dalle responsabilità che una famiglia impone.
Non mancano le battute memorabili ("La vita di coppia è la prova più disumana a cui Dio ci ha sottoposto") e gli applausi arrivano anche a scena aperta. E' un saliscendi di toni ed emozioni che si inseguono e si intensificano, anche perché il tasso alcolico dei personaggi sale nel finale, rivelando gli aspetti più nascosti nell'indole di ognuno.
Bella la scenografia circolare che non varia per tutta l'ora e mezza di durata dello spettacolo (senza intervallo), tranne che per il colore del fondale che passa dal rosso al verde.
Indubbiamente una grande produzione di qualità per il teatro italiano che, dopo Roma (dove rimarrà fino al 10 gennaio), continuerà la tournée in giro per l'Italia: fossi in voi non me la lascerei scappare.
PS: l'edizione italiana del testo è pubblicata in Italia da Arcadia&Ricono.