Sono passati venti anni da quel 19 gennaio 1994. Ricordo nitidamente il primo ascolto di quello che potrei definire uno degli "album della vita".
All'epoca a Roma c'erano almeno tre botteghe di dischi che bazzicavo con regolarità: non c'era internet e i dischi un po' di nicchia si andavano a cercare nei negozi specializzati.
Quel pomeriggio, da Revolver, che era vicino a viale Trastevere, cercavo tra i cd usati quando ascoltai le prime note di "Celluloide" diffuse dall'impianto del locale. Voce profonda che mi ricordava qualcosa ... un basso martellato e pieno ... chitarre distorte ma con gusto. Chi sono? chiedo. Il commesso mi allunga la custodia in digipak sulla quale spiccano gli occhi inquietanti (ed inquieti) di Giovanni Lindo Ferretti. Consorzio Suonatori Indipendenti... ma che razza di nome è? Poi parte "Del mondo": nessun dubbio, preso.
Io i CCCP del primo periodo li reggevo poco, negli anni '80 io adoravo i Litfiba, i Diaframma (epoca Miro Sassolini), i Moda (di Andrea Chimenti) e i Violet Eves (Nicoletta Magalotti, voce meravigliosa, dove sei?). Nel '94 però non avevo più alcuna band italiana di riferimento, perché ormai sciolte o oppure svaccate come i Litfiba stessi. Quel pomeriggio, con Ko de mondo, avevo ritrovato la vita nel rock italiano ed infatti l'ho riascoltato un milione di volte: ancora oggi, dopo vent'anni, finisce spesso nel mio lettore cd.
In Bretagna |
Per scrivere e registrare Ko de mondo bisognava andare in ritiro e, quasi monasticamente, condividere vita e lavoro per alcune settimane tra agosto e settembre '93. La scelta cadde su una località bretone, Finistère, nome apocalittico evocante i concetti di fine della terra e di una dimensione altra. C'è un documentario molto interessante, girato dal fantomatico C.R. Rossmann, che testimonia la genesi dell'album.
La lune du Prajou |
Arriviamo così a "Home sweet home", sorta di manifesto programmatico de I dischi del Mulo, l'etichetta creata dall'anima emiliana del gruppo che produce i quegli anni Üstmamò, Acid Folk Alleanza ed altri. La successiva "Intimisto" palesa la grande influenza del canto monastico (se non proprio gregoriano) nello stile di Ferretti e sfocia nella magnifica "Occidente", dolente e nervosa considerazione sulla nostra civiltà. Un delicato giro di basso e piano introduce la angosciata "Memorie di una testa tagliata" con cui la guerra dei Balcani irrompe cupamente nella musica dei C.S.I.: sarà poi in Linea Gotica che il tremendo conflitto diverrà protagonista (in "Cupe Vampe" ad esempio). Senza soluzione di continuità si giunge a "Finistère" che sembra un completamento della precedente: Annus orribilis in decade malefica, decade malefica i stolto secolo, secolo osceno e pavido, grondante sangue e vacuo di promesse. Il dolore sembra stemperarsi nella quasi strumentale "La lune du Prajou" (con la voce di Ginevra Di Marco, futura C.S.I. a tempo pieno, nonché moglie di Magnelli). Il titolo è ripreso dal nome del manoir bretone nel quale il disco fu registrato.
E' la volta della bellissima "In viaggio" che apre squarci ritmci e melodici guidati dal magnetico ritornello "Viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti, i più adatti ai mutamenti, viaggia Sua Santità". Ma il viaggio volge al termine. A conclusione del disco, una delle più belle ballate circolari di sempre: "Fuochi nella notte (di San Giovanni)". Si tratta di una jam corale ... "Così vanno le cose, così devono andare", che sembra cantata attorno ad un falò in un crescendo di partecipazione collettiva, che nel finale riprende il verso "chi c'è c'è e chi non c'è non c'è" dalla prima traccia, quasi un invito a ricominciare da capo l'ascolto.
Raccolgo l'invito.
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